lunedì 28 gennaio 2013

In Italia 5 milioni di vegetariani per principi salutistici e non per scelta etica.

In Italia sono 5 milioni i vegetariani di cui 400mila i vegani, ossia persone che non si nutrono con carne e derivati animali quali latte, uova, burro o miele. Ma le motivazioni che hanno innescato la scelta sono diverse: il 43,2% ammette di rinunciare alla carne per proteggere la propria salute mentre il 29,5% ha scelto di nutrirsi di soli vegetali per rispetto degli animali, mentre appena il 4,5% motiva con la tutela e il rispetto dell’ambiente. Comunque sia agli italiani piace mangiare vegetariano e rinunciano alla carne volentieri anche se non interessa la motivazione ambientalista o animalista. I numeri però sono destinati a aumentare e il rapporto Eurispes 2011 traccia così il profilo del vegetariano e del vegano: donne e giovanissimi tra i 18 e i 24 anni e gli over 65.

L’incremento dell’interesse e della consapevolezza sull’importanza di una corretta informazione si sta traducendo in un aumento del numero dei vegetariani nel nostro Paese. E un segnale di questo è anche l’adeguamento del mercato con l’introduzione di un numero sempre maggiore di prodotti destinati all’alimentazione green, l’apertura di nuovi negozi bio e l’inserimento da parte dei ristoranti di piatti vegetariani nei loro menù.
Il messaggio salutista dunque sembra essere giunto a destinazione meno quello dell’emergenza planetaria rispetto allo sfruttamento delle risorse. Per ottenere una bistecca si consumano circa 40mila litri di acqua per tutto il ciclo produttivo. E in effetti oggi si ragiona in termini di consumo responsabile della carne perché effettivamente essendo disponibile e a basso costo in grandi quantità sembra possa essere inesauribile. Ma sappiamo che non è più così.
 

Vegetariani a minor rischio di sindrome metabolica (- 66% diabete, malattie cardiovascolari)

Un nuovo articolo pubblicato di recente sulla rivista scientifica "Diabetes Care" (marzo 2011) mostra come una dieta vegetariana sia associata a un minor rischio di sindrome metabolica (Si parla di una riduzione del rischio di ben 2/3,quindi il 66%!!)
  
  
Fonti: Vegetarian Dietary Patterns Are Associated With a Lower Risk of
Metabolic Syndrome: The Adventist Health Study 2; Rizzo NS, Sabaté J,
Jaceldo-Siegl K, Fraser GE; Diabetes Care (Mar 2011). 
 

La sindrome metabolica è un insieme di fattori di rischio fortemente associato con un incremento del rischio di diabete mellito tipo 2 e di malattie cardiovascolari. Infatti nel sito dell’ Istituto per lo studio e la cura del diabete - Centro di diabetologia accreditato SSN- Regione Campania si può leggere che “la Sindrome Metabolica con normale tolleranza identifica il soggetto come appartenente a un gruppo ad elevatissimo rischio di sviluppare diabete in futuro. Pertanto, la gestione intensiva e precoce della sindrome può avere un impatto significativo nella prevenzione tanto del diabete quanto della malattia cardiovascolare. L'articolo, dei ricercatori Rizzo, Sabaté, Jaceldo-Siegl e Fraser è intitolato "I pattern dietetici vegetariani sono associati con un minor rischio di sindrome metabolica" ed è basato sui risultati dello studio di popolazione "The Adventist Health Study 2".
 
L'obiettivo della ricerca è stato quello di confrontare diversi pattern (modelli) dietetici in relazione ai fattori di rischio metabolico (MRFs) e alla sindrome metabolica (MetS). Sono stati presi in considerazione 773 soggetti con età media di 60 anni dallo studio sugli Avventisti del settimo giorno (una comunità su cui sono stati eseguiti vari studi epidemiologici in quanto gli individui che ne fanno parte tendono ad essere molto più omogenei in numerose caratteristiche dello stile di vita rispetto alla popolazione generale, permettendo cosi una miglior valutazione degli effetti delle differenti abitudini alimentari).
 
I partecipanti hanno compilato un questionario relativo alle proprie abitudini alimentari, il quale ha consentito di dividere i soggetti in: vegetariani (35%), semi-vegetariani (16%) e non-vegetariani (49%). E' stato usato il modello statistico ANCOVA (ANalisi della COVArianza) per determinare le associazioni tra i modelli dietetici e i fattori di rischio metabolico (colesterolo HDL, trigliceridi, glucosio, pressione sanguigna e giro vita), tenendo conto dei co-fattori rilevanti. I risultati hanno mostrato che il modello dietetico vegetariano era associato con valori medi significativamente più favorevoli di pressione arteriosa, circonferenza vita, indice di massa corporea, glicemia e trigliceridi ematici, rispetto a quello non-vegetariano. I ricercatori hanno quindi concluso, nel loro articolo su Diabetes Care, che un modello alimentare vegetariano è associato con un profilo più favorevole per quanto riguarda i fattori di rischio metabolico e con un minor rischio di sindrome metabolica, che è risultato essere ridotto di circa 2/3 (vale a dire del 66%) nei vegetariani rispetto ai non vegetariani; questo dato permane anche dopo aver preso in considerazione gli altri aspetti dello stile di vita e i fattori demografici che possono influenzarlo.

Il cibo spazzatura diminuisce il quoziente intellettivo dei bambini

Mamme, attente. Il "cibo spazzatura" sull’intelligenza dei bambini, ovviamente in modo negativo. Fast food e alimenti poco salutari potrebbero compromettere irreparabilmente l’acume dei pargoli e modificare il loro quoziente intellettivo.

 
 
Lo ha scoperto uno studio condotto dalla Goldsmiths University of London. La ricerca guidata dalla dott. Sophie von Stumm del Dipartimento di Psicologia, ha indagato sulla potenziale connessone tra la nutrizione infantile e l’intelligenza in relazione anche allo status socio-economico (SES). E la conclusione cui sono giunti gli esperti è di quelle da non dimenticare.

Lo studio ha esaminato il tipo di impatto del pasto principale quotidiano di 4mila bambini scozzesi sulle loro capacità cognitive. Per questo sono stati messi a confronto i cibi acquistati ai fast food con quelli cucinati a casa. I bambini avevano un’età compresa tra i tre e i cinque anni. I risultati hanno evidenziato che il cibo ha un impatto rilevante sul loro QI, anche se in parte mediato dagli effetti della SES sul loro sviluppo intellettuale.

Secondo la ricerca infatti, i genitori con un alto status socio-economico (SES) hanno riferito di dare ai loro bambini pasti preparati con ingredienti freschi più spesso, e ciò ha influito positivamente sul loro quoziente intellettivo. Al contrario, un SES più basso era legato ad una maggiore frequenza di pasti consumati al fast food per i bambini, e di conseguenza ad un QI inferiore. In altre parole, una delle ragioni per cui un maggiore SES è correlato positivamente al QI sta nel fatto che esso aumentava la probabilità di fornire una dieta sana ai bambini.
 
Secondo il coordinatore dello studio Sophie von Stumm, la ricerca ha solo osservato gli effetti di gruppi specifici di prodotti alimentari sul QI dei bambini piuttosto che sui tipi generici di pasti consumati. In ogni caso ha fornito le “prove concrete” a sostegno della riduzione della quantità di pasti consumati al fast food tra i bambini: “I risultati evidenziano che le differenze di pasti per bambini sono un problema sociale, madri e padri provenienti da ambienti svantaggiati spesso hanno meno tempo per preparare un pasto cucinato da zero per i loro bambini. Questi ultimi hanno ottenuto punteggi più bassi nei test di intelligenza e spesso hanno difficoltà a scuola”.
Cibi sani, in alternativa al Mc Donald’s, per avere bimbi sani ed intelligenti, nonostante ciò che si legge su alcuni libri di scuola…
 
 

lunedì 14 gennaio 2013

L'Isola di Veg (18 e 19 Maggio 2013)

Approfondimenti e Degustazioni vegetariane e vegane,
per un’alimentazione nuova e salutare

Chiostro degli Agostiniani e Archivio Storico
Comune di Bracciano